Quadro storico 600'

Sin dai primi anni del diciassettesimo secolo si prende coscienza che esistono periodi nella vita sociale in cui sorgono difficoltà nelle strutture e nello svolgimento della vita collettiva che ne ostacolano il progredire. E’ noto che durante il Seicento la monarchia spagnola si scontrava con difficoltà finanziarie e doveva affrontare gravi problemi economici che derivavano dalla crescita quotidiana dei prezzi. Per quanto fosca potesse essere la situazione non possiamo però idealizzare le epoche precedenti: probabilmente il contadino andaluso, il tessitore segoviano, i lavoratori dei mercati burgalesi, non si sono trovati molto meglio in altri periodi. Dal momento in cui compare l’uomo che noi chiamiamo uomo moderno, con le sue conquiste sulla natura e le nuove idee sulla società, comincia a svilupparsi in lui la capacità di capire che i problemi dell’economia e di altri aspetti della vita collettiva non vanno tanto bene, e che potrebbero andare meglio. La parola «crisi» appare molto prima nel campo della medicina, e l’aggettivo «critico» comincia ad essere usato agli inizi del diciassettesimo secolo. E’ un periodo, questo, in cui si indaga senza sosta sui fenomeni critici di cui si fa esperienza, si scrive copiosamente su di essi, cioè sul modo di risanare gli affari della monarchia. Tra il quindicesimo e il diciassettesimo secolo, cioè nel periodo in cui cominciano a manifestarsi le prime condizioni di tipo precapitalistico, sorsero le prime crisi economiche di tipo congiunturale le quali, in un primo momento, furono viste un po’ confusamente, ma vennero poi comprese come tali, il che permise di constatare che manipolando i fattori che provocavano l’inversione della congiuntura, gli effetti più evidenti della crisi scomparivano. Pertanto, quando si manifestava un miglioramento, voleva dire che si era riusciti a superare la crisi, e che i «rimedi» umani posti in atto avevano in qualche modo operato favorevolmente. Nel sedicesimo secolo si verificano alcuni casi di inversione di tendenza con risultati decisamente favorevoli fino alla fine del secolo, e ciò accresce la fiducia nella capacità riformatrice dell’opera umana, tanto che gli elogi, secondo il vecchio topos della dignitas hominis, muteranno di forma, portando al più alto livello la stima verso l’uomo costruttivo, capace di correggere e di creare una nuova realtà naturale o economica.
L’intervento dell’uomo può risanare una situazione ma la può anche peggiorare. Le inadeguate misure predisposte dal governo possono anche intralciare il processo di ristabilimento di una crisi, possono anzi addirittura provocarla. Uno scritto anonimo indirizzato a Filippo IV intorno al 1621 rispecchia questo stato d’animo in tutti i suoi aspetti: «La negligenza di coloro che governano è, senza dubbio, causa della sventura, e varco da cui entrano tutti i mali e guasti di una nazione, e nessuna, penso, ne risente tanto come la nostra, che vive senza timore né sospetto alcuno di una prossima rovina, confidando in una mal posta presunzione». La crisi economica non abbraccia tutto il diciassettesimo secolo ma la crisi sociale si estende e ne supera i limiti. Parliamo di crisi sociale con riguardo ad aspetti che possono essere comprovati:
1) nell’ordine delle società del diciassettesimo secolo si avverte un’alterazione dei valori e dei corrispondenti modelli di comportamento.
2) se ogni società particolare presuppone un’accettazione attiva o rassegnata di tali valori e comportamenti, la loro messa in discussione porta con sé alterazioni di diversa intensità nei processi di integrazione degli individui che ne fruiscono in maniera diseguale.
3) in rapporto al tentativo di inquadrare individui e gruppi, suscitando in loro una sensazione di oppressione e di angoscia, si producono evidenti effetti di malessere e di più o meno aperta opposizione.
4) si producono trasformazioni nei rapporti e nei vincoli che univano gli individui fra loro, cambiamenti che sembravano ancora più pesanti a coloro che li subivano.
5) compaiono critiche che denunciano il malessere di fondo e suscitano, più o meno frequentemente, alcuni casi di comportamento deviante e di tensioni fra i gruppi, i quali, se raggiungono un certo livello di condensazione, esplodono in rivolte e sedizioni.
La crisi si verifica in tutti i Paesi europei, dalla Spagna alla Francia, dalla Germania all’Italia, mentre in Inghilterra la crisi permane finché in virtù della Rivoluzione non prevalgono i fattori che stavano cambiando la struttura del paese. Per di più, questa crisi comune a tutti i paesi europei durante il secolo non si deve considerare come un fenomeno nuovo, conseguente alla Guerra dei Trent’anni, in quanto la crisi ebbe inizio molto prima, interessò sfere non coinvolte nella guerra e fu anzi più grave nei paesi che non subirono direttamente gli effetti delle distruzioni e delle soldatesche, e non fu superata con il ristabilimento della pace.
La monarchia assoluta per risolvere la crisi sociale
Per ristabilire una situazione di pace civile si crea una vasta operazione sociale tendente a contenere le forze dispersive che minacciano di sconvolgere l’ordine tradizionale. A tal fine si pone mano allo strumento efficace della monarchia assoluta, probabilmente utilizzato già nel Rinascimento per frenare ogni movimento di sviluppo, e che nelle nuove circostanze della crisi del Seicento sarà applicato per sconfiggere i diversi fattori che tentano di rovesciare l’ordine stabilito. La monarchia assoluta diventa la chiave di volta del sistema sociale: siamo di fronte al regime assolutista del Barocco, in cui la monarchia rappresenta il vertice di un insieme d’interessi nobiliari restaurati, che si fonda sulla supremazia della proprietà della terra, che a sua volta è alla base del sistema. Tutto ciò non poteva significare semplicemente il ritorno ad una società feudale a prevalenza aristocratica, in quanto i nobili si erano per molti aspetti equiparati ai ricchi proprietari terrieri. Nonostante il livello della nobiltà, si dava ora un’indiscussa superiorità della monarchia a cui va aggiunta la centrale presenza di altri strati sociali. Erano classi da cui poteva scaturire la minaccia di destabilizzazione, per evitare la quale si poteva solo cercare di esercitare un controllo su esse, incorporandone in qualche modo larghi strati al mantenimento dell’ordine, coinvolgendoli nella propria difesa, incoraggiandoli ad accrescere il loro sforzo tributario: insomma integrando queste classi, nella maggior misura possibile, in un sistema che dobbiamo considerare come nuovo. Si tratta dunque della piramide monarchico-feudale a base proto-nazionale a cui diamo il nome di società barocca.
L’aristocrazia
Sebbene nel Seicento sussistano alcuni valori della cultura cavalleresca, non è per l’appunto questo il tipo di società che la cultura barocca promuove. Come l’assolutismo monarchico non si può confondere con l’arbitrario sistema patrimoniale del regno feudale, così la cultura cavalleresca e la cultura barocca non si possono sovrapporre. Il principio fondamentale di una società finisce per dominare anche le attività economiche. In Francia la nobiltà con le sue abitudini suntuarie sottrae dai possibili investimenti produttivi una parte non trascurabile delle entrate, aggravando una situazione di crisi economica; non manca poi di esigere una riserva di posti onorifici nella pubblica amministrazione e reclama puntualmente il mantenimento dei segni esterni — come ad esempio il vestire — che distinguono gli individui dei vari strati sociali. Cerca quindi di accrescere i propri domini territoriali e, invece di dedicarsi all’esercizio della manifattura o del commercio, ribadisce il concetto che vieta la compatibilità di tali attività con i privilegi nobiliari: se una legge consente nel diciassettesimo secolo che le due cose siano compatibili, tuttavia furono pochi ad entrare nel sistema, servendosi in alcuni casi di intermediari. In Spagna, questi stessi fatti si presentano con più accentuato rigore.
Cambio di valori
Se tutto il periodo del Barocco fu un’epoca di «reazione della nobiltà» il fenomeno si accentua negli ultimi decenni. Ecco dunque la ragione e il senso del sistema: privilegiare con ogni sorta di vantaggi i notabili onde mantenere l’ordine. Si ritiene che il declino e la perdita di potere della borghesia durante la prima metà del Seicento siano dovuti ad un calcolato rafforzamento del potere della nobiltà, la quale, al fine di trovare un appoggio, trascinò con sé gli arricchiti, così da arrestare gli altri gruppi in ascesa. Intorno al 1620 «il mercante indipendente, che rappresentava un prototipo di quella facile esistenza, quasi scompare nell’Europa occidentale, poiché dalle sue file ben pochi sono usciti e saliti in alto, facendo diventare i figli, nel caso non potessero essi stessi, funzionari o signori; ma i restanti, che sono i più, passando per le carceri e mentre si prendeva atto della loro dichiarata insolvenza, del loro fallimento, si sono trasformati nei poveri. Nel Seicento la nobiltà recupera un ruolo importante, su base economico-sociale, nella riorganizzazione assolutista della monarchia. La monarchia senza dubbio ha accresciuto il suo potere politico, ma dobbiamo tener ben presente il compromesso stipulato con la nobiltà. Non mancano esempi in cui si perseguita e si punisce il nobile ribelle, ma solo nei casi in cui è venuto a mancare l’obbligo contratto, cioè di collaborazione e distribuzione del potere tra il re e i nobili, su cui si fonda il regime nel diciassettesimo secolo. Non si perseguita né si annienta in modo alcuno il nobile in quanto tale: al contrario, egli è sempre considerato come il midollo della nazione. I suoi privilegi, eccettuati quelli meramente politici, si mantengono in primo luogo; gli sono riconosciuti i diritti signorili di fronte ai contadini e conserva la sua piena immunità tributaria. L’assolutismo non soppresse l’antico ordine sociale gerarchico; modificò, è vero, il rapporto fra le diverse classi e il re, ma lasciò immutata la reciproca relazione.
La Chiesa introduce nel suo codice di morale «cristiana» i modi di comportamento, celebrati dagli interessi aristocratici: modi che probabilmente formarono il quadro meno cristiano della Chiesa di Roma lungo tutta la sua storia. Codesti ideali nella Spagna del Conte-Duca non sono diversi da quelli della Francia di Richelieu: l’uno e l’altro animati da disprezzo verso la borghesia che resisteva a qualsiasi mutamento, e da un radicato disgusto nei confronti del basso popolo.
Il repertorio di mezzi di cui si serve la monarchia barocca per riuscire ad imporsi sulla tensione di forze avverse è molto ampio. Dalla repressione fisica, fondata sulla forza militare, ultima ratio della supremazia politica, fino ai meccanismi psicologici che agiscono sulla coscienza e producono una volontà repressa. Tra questi due estremi esistono mezzi molto diversi, il cui impiego risulta sorprendente e forse solo spiegabile coi presupposti psicologici e morali del Barocco. Quando si verificarono a Madrid alcuni atti sacrileghi in periodi diversi e persino, in un caso, due in uno stesso giorno e in chiese diverse, furono prese misure repressive e punitive consistenti nel sopprimere per la durata di otto giorni le commedie e imporre l’astinenza sessuale.

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